George Gershwin
Parlando di musica americana abbiamo detto che il problema di fondo, è quello di trovare un’identità da parte degli statunitensi in qualche modo indipendente dalla musica europea ma, in qualche modo, dare una continuità in quanto, sempre di musica d’arte si parla e i musicisti americani si sentivano eredi della musica europea. Dovevano quindi risolvere questa dialettica tra continuità e discontinuità. Questo problema, negli Stati Uniti, si incontra anche con motivi sociologici. I compositori neri hanno cercato anche di fare un percorso accademico ma, gran parte dei posti destinati alla musica colta, per loro, non erano accessibili, di contro, i musicisti bianchi, dal trascendentalismo di Ives agli ultramoderni, Il messicano Carrillo per esempio, a Thomson con il suo ponte diretto, addirittura, con la musica medievale. La ricerca di Virgil Thomson, può essere considerata musica neomedievale anche se lui si riconosceva almeno in un modello della musica europea (il compositore Satie). C’è però un’altra corrente, quella di compositori bianchi che cominciano a fare i conti con un tipo di musica differente, musica con generi che sono attinenti a Broadway, quindi al Musical, se non addirittura al Jazz. Il primo grande che ha avuto questo tipo di intuizione, è stato George Gershwin. Di origine ebraica, non sarà il solo, vedremo che altri compositori importanti del ‘900, sono di origine ebraica, tra tutti Shoemberg e Reich. In Gershwin convergono certe componenti sia di musica afroamericana che di quella eurocolta e, nel suo stile, si riconoscono bene. Il giovane George, da piccolo, pare sia rimasto completamente folgorato da un suo compagno che suonava le Humoresque di Dvorak. Il compositore boemo già direttore del National Conservatory di New York, fu ispirato dal suo allievo Maurice Arnold e precisamente da American Plantation Dances. Nel Lower East Side, di Manhattan, la vita per un giovane ragazzino che amava il pianoforte era molto dura però, a favore c’era il fatto che, essendoci persone di svariate culture e nazionalità (afroamericana, yiddish, russa), un giovane che avrebbe voluto fare musica, avrebbe avuto la possibilità di conoscere varie “facce” di un popolo che cercava di diventare Nazione. Gershwin era un compositore, in gran parte autodidatta, aveva preso poche lezioni da insegnanti di musica che per sua fortuna gli fecero conoscere Ravel, Debussy e Schoenberg. A quattordici anni, inizia a lavorare come pianista per alcuni editori, familiarizzando con la musica di consumo innanzitutto, in particolare con il genere “Tin Pan Alley”, genere musicale che prende il nome dalla strada newyorkese dove erano concentrati tutti gli editori. Lui stesso inizia a scrivere delle canzoni su questo genere e, la svolta, arriva quando, Al Jolson, l’attore bianco che, nei primi film sonori, si dipingeva il volto di nero, sicuramente il più importante di quel periodo (sua è l’interpretazione di Money), canterà Swanee. Dopo questa svolta, Gershwin inizia a lavorare con editori sempre più importanti e inizia a scrivere le musiche per commedie musicali, per Musical. Il suo librettista, spesso, era suo fratello Ira. Il suo stile rispettava la forma del Chorus, di solito queste canzoni avevano la forma A, A, B, A, con frasi di 16 o 32 battute, ma Gershwin riusciva sempre ad arricchirlo con qualcosa di raffinato, affascinante, di interessante, un elemento di ricercatezza, senza perdere il contatto con il pubblico, quella che sarà definita “La nuova raffinatezza di Gershwin”. La svolta principale si ha quando, nel 1924, Paul Whiteman, gli commissiona una grande composizione per pianoforte e orchestra. Doveva entrare nel programma di un concerto dedicato, in qualche modo, alla redenzione della musica popolare. Prima della Rapsodia fu eseguito Livery Stable Blues, brano umoristico nel quale gli strumenti imitavano gli animali. La scaletta prevedeva questo Blues, poi Rhapsody in Blue e poi la Marcia n.1 di Edward Elgar uno dei compositori della scuola nazionale britannica. Dvorak aveva detto di prendere melodie autoctone ed inserirle nelle forme europee, Gershwin cerca di “redimere” la musica di consumo, dandole una configurazione di tipo eurocolto. Non a caso, il pubblico di riferimento che andò alla prima della Rhapsody, era formato, per gran parte, da musicisti di grande spessore quali Sergej Rachmaninov, Stokowsky, Jascha Heifetz e tutti rimasero estasiati dalla Rapsodia di Gershwin. Ci fu però, anche chi rimase molto perplesso, Virgil Thomson, per esempio su quel tipo di composizione perché aveva una idea diversa sullo sviluppo che dovrà avere la musica americana, Thomson condannerà a Gershwin sempre il fatto di stare con due piedi in una scarpa.
Gershwin era sempre attento agli sviluppi della musica colta, è stato, per esempio, alla prima americana del Pierrot Lumiere di Schoenberg, addirittura va a Vienna a conoscere Alban Berg, stabilisce un bellissimo rapporto con lui, di rispetto e ammirazione reciproca. Gershwin ne era così affascinato, da avere una sua foto in casa. In questo periodo si reca anche a Parigi, la Mecca del mondo musicale dell’epoca, dove incontra, tra gli altri, un altro suo grande mito Maurice Ravel. C’è il famoso aneddoto in cui si racconta che Gershwin chiede proprio al compositore francese, se vuole impartirgli delle lezioni e Ravel risponde (questo episodio pare coinvolga anche Stravinskij) :<< perché diventare un cattivo Ravel quando puoi essere un ottimo Gershwin? >>. Tornato da Parigi, tutto quello che portò con se, confluì nel poema sinfonico ballettistico Un americano a Parigi, dove possiamo sovrapporre combinazioni politonali maliziosamente dissonanti. In seguito conoscerà anche Schoenberg, sappiamo che anche lui viveva in America in quel periodo, visto che in Europa, per motivi noti, non poteva più vivere. Il grande compositore austriaco aveva una grande stima di Gershwin, diceva che in Gershwin tutto nasce coordinato, che il colore dell’armonia e della melodia, nascono già combinate di per se. In seguito, la voglia di apprendere tecniche compositive sempre più importanti, portò Gershwin ad approfondire i suoi studi con il compositore e teorico Schillinger, maestro, tra gli altri, anche di Benny Goodman e Glenn Miller, dal quale apprenderà alcune tecniche che lo aiuteranno nell’ulteriore tentativo di contaminazione tra musica d’arte e musica di consumo. Andiamo ora ad analizzare alcune canzoni per poter inquadrare proprio l’idea di questa “nuova raffinatezza”. Innanzitutto vediamo cos’è il Chorus, il Ritornello, come si forma all’interno della Song “You don’t know the half of It Dearie Blues” del Musical del 1924 “Lady Be Good”, in particolare. Abbiamo detto che possono esserci frasi di 4 o di 8 battute, che fanno si che la struttura sia da 16 o 32 misure. Lo schema è quasi sempre due frasi parallele all’inizio, A, A’, poi c’è la B, frase diversa e poi la frase finale A’’ che ripete quella iniziale. Alcuni di questi brani, possiamo notare come sono intrisi di Blues, nonostante ci sia una frase in più rispetto al Blues (ricordiamo che il Blues, prevalentemente, si sviluppa in 12 battute, A, A’, B). Questo brano si sviluppa in 16 battute. Prima frase sul I° grado, stessa frase melodica sull’armonia del IV°, il brano è in Eb Magg, prima frase sulla tonica, seconda su Ab. In questo brano, possiamo notare l’utilizzo, da parte dei cantanti, di moltissime “blue notes”, note che dovrebbero trovarsi tra alcuni gradi di una scala pentatonica-la “blue note” per antonomasia è la quarta aumentata in una scala pentatonica minore- ma hanno un’intonazione quasi calante, “trascinata”, che solo i cantanti afroamericani, in quel periodo, riuscivano a cantare. Alcune volte, le frasi terminavano con note lunghe per far si che, gli strumenti potessero “rispondere” alla voce. In questi brani, chiaramente molto ispirati dal Blues, le strutture armoniche non si basavano soltanto sull’armonia classica del Blues.
Questa analizzata è una bellissima versione cantata da Ella. Ho anche ascoltato la versione originale del Musical, dove c’erano Fred e Adele Astaire, versione che, personalmente, non preferisco.
L’altro brano interessante è Fascinating Rhythm dove c’è proprio un “fascino ritmico”. Questa cosa è dovuta all’utilizzo di una frase di 7 crome e non di 8. Ogni frase quindi, a partire dalla seconda, inizia sempre un ottavo prima. Un effetto di sfasamento tra la battuta e l’inciso musicale che, ogni volta sarà ripetuto su un punto diverso della battuta. La prima frase inizia sul primo ottavo della prima battuta, la seconda sull’ottavo ottavo della prima battuta sempre ecc..Qualcuno aveva suggerito di scrivere il brano prima in 7/8, poi in 6/8 ecc, ma è evidente che si perderebbe così la vera pulsazione ritmica oltre al fatto che sarebbe stato più complicato cambiare tempo ogni battuta nella scrittura della composizione, ogni volta l’ascoltatore ascolterà l’inciso accentato in modo diverso.
In questa versione analizzata, sempre cantata da Ella Filtzgerald, possiamo “carpirne” tutta la raffinatezza che Gershwin aveva pensato nello scrivere questo brano.
La struttura è A, A’, B, C nella prima parte e A, A’, B e A’’ nella seconda.
Questo scrivere musica di consumo in un modo così raffinato, lo troviamo anche in “S wonderful”, nel secondo Chorus, la voce lascia all’orchestra, in ogni battuta, un quarto e qui la struttura è A A B A.
Rhapsody in Blue
Analizziamo ora una delle composizioni in cui Gershwin da più sfoggio come “catalizzatore” di questo nuovo modo di fondere lo stile eurocolto con la musica di consumo ispirata da musica afroamericana, per l’appunto, La Rapsodia in Blue. Sappiamo che molti compositori hanno scritto Rapsodie (Listz, Brahms). Rhapsody in Blue è basata su Chorus, cioè è il tipico modo di scrivere “gershwiniano”. I Chorus, in questo caso, sono cinque e si ripetono con la struttura A A B A, alternati con passaggi virtuosistici di passaggio, ogni Chorus ha un carattere diverso. Il 1° è modulante, cosa che ci riporta al “mondo” proprio delle Ouvertures dei Musical ed è caratterizzato da una nota lunga su cui c’è un controcanto che ricorda la formula “Good evening my Friends (i cantanti utilizzavano questo modo per salutare il pubblico). Vediamo che, anche qui, si utilizza l’accordo di 7a con due tipi di funzione, un pò come succede nel Blues. Sia come accordo di tonica, dove la 7a potremmo considerarla una “blue note”, che come eventuale V° grado dell’accordo successivo. A volte, la 7a, viene utilizzata anche nella melodia in modo da far sentire che poi, il brano modula. Il 2° Chorus ritmicamente ha una clave cubana (3, 3, 2). Il 3° è più tipicamente Blues. Il 4° compare sempre incompleto ed è agganciato ad una progressione armonica di terze minori. La progressione per terze, ricordiamo, sono tipiche del romanticismo (Schubert, Liszt). In questi primi quattro Chorus, non abbiamo mai il carattere dello “sviluppo” che compare però nel 5°. La melodia viene esposta per tre volte e poi c’è un vero e proprio inizio di sviluppo tematico (Beethoven, Brahms), anche qui si muove per terze minori. Alla fine delle frasi, ci sono note lunghe, a volte molto lunghe. Questo modo è ereditato dallo stile dei cantanti di musica di consumo. Questo sviluppo sul 5° Chorus, serve a bilanciare quello che è avvenuto nell’introduzione. La parte introduttiva, dopo il tipico glissato del clarinetto, è basata su un impianto armonico di 5e discendenti. Sib, Mib, Lab etc. fino al La, dove entra il 1° Chorus. Il rapporto che c’è tra la tonalità del 1° Chorus, per l’appunto La e quella dell’ultimo Chorus, Mib, è di tritono, molto comune nella musica listziana. Gershwin chiude però sempre in Sib, aggiungendo una coda per farlo chiudere nella stessa tonalità in cui era iniziato.
Porgy and Bess
Questo musical del 1935, su libretto di DuBoise Heyward e Ira Gershwin, ispirato da un lavoro teatrale precedente, parla di un luogo ipotetico della Carolina del Sud agli inizi degli anni ’30. Questa Folk Opera, narra la storia di Porgy, un uomo di colore zoppo dei sobborghi di Charleston (Catfish Row), e il suo tentativo di salvare Bess dalle grinfie di Crown, il suo protettore, e Sportin’ Life, lo spacciatore.
Inizia con un ritmo molto incalzante, molto vicino al Jazz, farà da contrasto la mitica ninna nanna “Summertime”, che la mamma canta per il suo bimbo. Tante speranze per il bambino che, un giorno riuscirà a spiccare il volo e, che fino ad allora, non deve preoccuparsi perché i suoi genitori si prenderanno cura di lui. Veniamo ora alla parte musicale. C’è un ostinato ritmico dove tutti gli abitanti del luogo iniziano a ballare. Gli accordi che si susseguono sono perfettamente in stile jazzistico però, man mano ci saranno degli inserimenti di accordi molto più complessi, vedi un accordo di 11a# e qui possiamo trovare lo stile del suo Maestro (Schillinger) che, con aggiunta di 5e e 3e, fa diventare questi muri di accordi dove, oltre l’11#, troviamo 9b e 11e (Sol, Re, Si, Fa, Do#, Sol# e Do naturale) Sol7/C#Maj7. Con questo ostinato politonale si arriva, attraverso un culmine crescente, alla calma tranquillità ma anche molto intrisa di tristezza, di Summertime. Questo capolavoro, che ha avuto giudizi contrastanti da pubblico e critica (Thomson e lo stesso Ellington) perché molti non riuscivano ad etichettarlo, si colloca precisamente a metà tra un’Opera e un Musical, come si era prefissato forse proprio Gershwin e come gli aveva chiesto il mecenate di Broadway Otto Khan, una “opera lirica jazz”. Gershwin non era abituato agli insuccessi, ci rimase davvero male e, anche se poi a Broadway l’opera ebbe più di 100 repliche, con gli introiti non riuscirono neanche a recuperare i soldi investiti. Chissà dove avrebbe potuto spaziare ancora Gershwin, dove avrebbe potuto portare la sua ricerca continua di “fusione” visto che, nel 1937, quello che è stato considerato anche l’Abramo Lincoln della musica, è scomparso prematuramente a soli 39 anni. Fatto sta che, i suoi capolavori, dopo esattamente un secolo, sono eseguiti sia nei teatri e festival più importanti del mondo, da grandissimi musicisti (Miles, Ella, Billie, Diana Krall) che nei piccoli club.